A Real Pain - Il dolore che fa vincere l'Oscar

RECENSIONE

Marta Cervellino

2/27/20252 min read

David (Jesse Eisenberg) e Benji (Kieran Culkin), sono cugini, nati e cresciuti in America ma di origini polacche, che decidono di intraprendere un viaggio in Polonia per onorare la memoria della loro defunta nonna. Unendosi ad un gruppo che organizza tour specifici, chiamati “tour del dolore”, i due si trovano ad affrontare non solo il peso della storia familiare e collettiva, ma anche le loro profonde differenze personali. Tra momenti di tensione, umorismo e riflessione, il viaggio diventa un’occasione per esplorare il dolore, l’identità e il legame che li unisce, portandoli a confrontarsi con il passato e con sé stessi in modi inaspettati.

Di che dolore parliamo, quando parliamo di dolore?

La pellicola è fortemente centrata sul tema del dolore, e non si limita ad affrontarne solo una forma, ma diverse. La prima tipologia che si incontra è quella del lutto, elemento con il quale si apre il film. L’idea stessa di fare un viaggio è per onorare la memoria della nonna, alla quale entrambi i cugini erano molto legati, serve per creare uno spazio dove quel dolore ha la possibilità di sedimentare, di crescere e di essere ascoltato.

In un secondo momento, viene affrontato anche il tema del suicidio. Benji era infatti depresso da tempo e che una volta ha tentato di togliersi la vita. Questo gesto ha creato una ferita profonda, non solo in Benji ma anche nel cugino, David, che lo ha trovato privo di sensi. Attraverso il viaggio, questi momenti di forte sofferenza vengono a galla, ma non sempre trovano una soluzione.

Anche in David c’è una forte dolore. Si domanda come abbia fatto a non accorgersi del dolore del cugino, si sente in colpa perché forse, se gli fosse stato più vicino, lo avrebbe potuto evitare. Si assume, quindi, la responsabilità del gesto del cugino, e l’arroganza di poterlo salvare da sé stesso.

Infine, c’è il dolore collettivo, quello del popolo polacco, massacrato durante la Seconda Guerra Mondiale nei campi di concentramento. Questa tipologia appartiene a tutte persone, ma siamo sicuri che sia l’unico? Di sicuro è il dolore più comprensibile, quello che può toccare più cuori, quello più evidente. Il malessere di Benji e David è, invece, più intimo, più personale.

Il viaggio come catarsi

Il viaggio come strumento di catarsi è un elemento molto ricorrente nella filmografia. Infatti, è proprio la dinamica del viaggio a rendere possibile un ricongiungimento con i protagonisti, con i suoi tempi lunghi, luoghi nuovi, la necessità di condividere spazi e momenti che possono diventare intimi.

Ma c’è un significato segreto che rende A Real Pain ancora più dolce. Lo spettatore sa che la nonna di David e Benji è morta, sa che era un’ebrea polacca immigrata in America, sa che tra i due cugini non c’è più il legame affettivo d’un tempo. Inoltre, arriva ad un punto in cui è conoscenza del tentato suicidio di Benji e del senso di colpa di David, causa del loro allontanamento.

In tutto questo, anche se non si vede, la nonna è sempre presente. L’espediente del viaggio in Polonia per renderle omaggio, ripercorrendo la sua vita, non fa altro che far riavvicinare i due cugini. È come se la nonna, ovunque ella fosse, avesse vegliato su di loro, spingendoli a parlare dell’elefante nella stanza.

A Real Pain, un piccolo gioiello sul dolore e sul lutto, ma soprattutto sul saper perdonare.