Bob Dylan – Un perfetto sconosciuto

A Complete Unknown, il film su Bob Dylan con Timothée Chalamet, basato sulla biografia Dylan Goes Eletric! di Elijah Wald non smette di far parlare di sé. Uscito nelle sale italiane il 30 di gennaio, A Complete Unknown ha permesso ai più giovani di conoscere uno degli artisti più amati, il cui mito riecheggia ancora.

RECENSIONE

Marta Cervellino

1/24/20253 min read

È il 1961, e Robert Zimmerman è a New York per conoscere il suo idolo, Woody Guthrie (Scoot McNairy), cantante e chitarrista folk, molto malato in quel periodo. Quando Robert arriva in clinica si presenta col nome di Bob Dylan (Timothée Chalamet) e si esibisce per Woody cantando un pezzo che aveva scritto proprio per lui. La sua musica arriva alle orecchie di Pete Seeger (Edward Norton), grande amico di Woody ed esperto di musica. Pete capisce il talento, ma soprattutto il potenziale di Bob, e decide di aiutarlo a farsi strada nel mondo della musica folk.

Bob inizierà quindi ad esibirsi in vari locali del Greenwich Village, in uno dei quali conoscerà Sylvie Russo (Elle Fanning), con la quale inizierà una relazione. Frequentare quei posti rappresenta per Bob una grande occasione di farsi conoscere e di incontrare vari produttori musicali. Infatti, in uno di questi conoscerà un manager importante della Columbia Records, Albert Grossman (Dan Fogler).

Grazie a questa conoscenza, Bob potrà incidere il suo primo disco che, però, non avrà un grande successo. Così, approfittando della guerra in Vietnam, Bob decide di cantare alcuni pezzi scritti da lui, che lo consacreranno al successo.

Il film fa un salto temporale e arriviamo al 1965, dove Bob Dylan è un artista affermato. Il 1965 rappresenta per il cantante è un momento di svolta, perché cerca di prendere le distanze dalla musica folk, che lo tiene incasellato in regole tecniche che cominciano a stargli strette. Decide quindi di sperimentare, cercando di orientarsi verso un genere più rock.

Tra chi lo ostacola a tutti i costi e chi cerca di farlo ragionare, Bob dovrà decidere se inseguire questa nuova vena artistica o lasciar perdere.

Bob Dylan era veramente uno sconosciuto

L’arco temporale nel quale è ambientato il film è decisivo per il personaggio di Bob Dylan. Lo spettatore può vederlo nascere, crescere e sperimentare, eppure continua a sapere niente di lui. È una persona enigmatica non solo per chi lo osserva, ma anche per chi gli sta vicino. La stessa Sylvie, nonostante abbia una relazione con lui e ci vivi addirittura insieme, non è a conoscenza del suo vero nome e, quando chiede spiegazioni, lui si rende scostante e criptico.

Inoltre, il Bob Dylan di Timothée Chalamet si rivela imprevedibile, ma pur sempre fedele a sé stesso. La cosa che traspare dalla pellicola è proprio questo suo non volersi conformare alle regole dell’etichetta discografica. Di fatto, dopo quattro anni quello stesso genere musicale che lo ha consacrato al successo inizia a stargli stretto; lui è giovane, desidera cambiare e sperimentare. Per lui la musica è un gioco, ma anche un mezzo attraverso cui potersi esprimere.

Emblematica è infatti la sua riluttanza nel cantare Blowin’ in the Wind ad ogni sua comparsa pubblica perché, sebbene fosse un grande successo, l’aveva comunque scritta in un periodo della sua vita che, ormai, non lo rappresentava più. Lui desidera andare avanti, guardare al futuro, scoprire cosa c’è di nuovo, mentre la sua etichetta (ed il suo pubblico) lo continuano a tenere ancorato al passato.

Questa situazione raggiungerà il suo picco nel finale del film che, a tutti gli effetti, rappresenta un momento catartico per Bob Dylan.

È necessario aggiungere, però, che il film è tratto da una biografia scritta da una seconda persona che, sebbene vicina a Bob, non poteva conoscere le vere ragioni dietro le sue azioni. Ecco che quindi il sentimento di estraneità si fa sempre più forte, lasciando il compito allo spettatore di interpretare. Ma forse, non era interesse del film dare spiegazioni a domande che la storia ha posto, e magari nemmeno realizzare una biografia precisa al millimetro. Forse, quello che si voleva fare, era semplicemente raccontare la storia di una persona che è rimasta sempre fedele a sé stessa, che ha creduto nel suo sogno e ha usato la sua notorietà per parlare di guerra e ingiustizie. Il film non vuole elevarsi a dispensatore di certezze, ma dice una cosa importante: invita a fare attenzione, ad ascoltare bene, perché forse, le risposte, sono sussurrate nel vento.